Sul finire degli anni cinquanta, lo specchietto per le allodole, il sistema che “inventa”la motorizzazione.
I figli svegliano i padri, l’emulazione fa il resto. Aziende di pochi ettari, un fazzoletto di terra qua e un fazzoletto di terra là, si attrezzano con trattori enormi. E’ l’epoca d’oro del commercio delle macchine agricole. Si sfrutta l’ingenuità, l’incultura del contadino: si specula rifilandogli il trattore grosso, di prestigio. Nasce così la gara a chi possiede il trattore con più cavalli….
Il trattore grosso, importante, richiede un’attrezzatura adeguata, richiede l’aratro l’erpice a dischi, la falciatrice, la fresa, l’elevatore, il rimorchio. Incomincia così la corsa verso l’indebitamento, una corsa inarrestabile. Il contadino risparmiatore, avaro, prudente, nemico giurato di qualsiasi impegno scritto, impara a firmare le cambiali a ruota libera.
Poi gli anni sessanta, la grande svolta. Decolla l’industria……
.Le città crescono come fungaie, a vista d’occhio…….
I giovani scendono a battaglioni dalle valli, accorrono dalla campagna povera e meno povera a cercare un inserimento qualsiasi nel mondo degli “altri”. L’esodo, grandioso e caotico, vissuto come scelta di civiltà, ricorda l’emigrazione antica. Adesso la Francia e le Americhe le abbiamo in casa.
Arrivano anche i sardi, i calabresi, i siciliani, a cercare il nostro “nord”. Cresce così la nuova società industriale, e intanto
si spegne la vecchia società contadina. Non si tenta nemmeno di salvare un equilibrio minimo tra la città e la campagna….
Il mondo politico è succube del potere economico, è condizionato dall’euforia delle trasformazioni rapide, facili: intrallazza subito con i nuovi padroni, oppure guarda e subisce. Si aiuta soltanto il volano dell’industria a girare più velocemente, dimenticando le sacche di miseria, dimenticando le profonde contraddizioni del sistema…..
L’operaio-contadino non combatte ancora contro il cottimo: lotta per…conquistare il “turno della notte”, vende a buon mercato la salute……
Foto di Valerio Maruffi
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